L’occupazione femminile nel mercato del lavoro indiano

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A cura dell’Italian Desk di Dezan Shira & Associates

La forza lavoro femminile in India è ancora numericamente molto contenuta rispetto a quella maschile. Alcune stime mostrano come l’80 per cento degli uomini abbia un lavoro o ne cerchi uno, mentre solo il 32 per cento delle donne è parte della forza lavoro e ciò può essere in parte dovuto ad atteggiamenti culturali e norme sociali. Nonostante la rapida crescita economica, il coinvolgimento della forza lavoro femminile all’interno delle varie fasce d’età, tra i vari livelli di istruzione e all’interno sia delle aree urbane che rurali non è ancora aumentato. Inoltre, un recente sondaggio condotto da un’agenzia di intermediazione ha mostrato come esista un significativo divario retributivo di genere che può raggiungere livelli attorno al 27 per cento. Gli uomini guadagnano circa USD 4 (INR 288) lordi all’ora, mentre le donne USD 3 (INR 207) orari, con un maggior gap all’interno dell’industria manifatturiera e un minor divario nei settori dei Servizi Bancari e Finanziari (BFSI – dall’inglese Banking Financial Services and Insurance), dei Trasporti, della Logistica e della Comunicazione.

Altre indagini statistiche indicano che solo il 10 per cento dei circa 60 milioni di donne ha un lavoro con contratti informali e senza alcuna protezione sociale. Le donne impiegate in un settore “non organizzato”, come le lavoratrici temporanee, le lavoratrici subordinate giornaliere o le lavoratrici autonome, hanno tutele sociali scarse o inesistenti, come ad esempio l’indennità di maternità. Il governo ha provato a proporre alcuni cambiamenti, ma con scarsi risultati in fase di implementazione. Ad esempio, l’esecutivo sta pianificando di estendere il congedo di maternità da 12 a 26 settimane attraverso un decreto legge che segue il Maternity Benefits Act del 1961. Molte aziende hanno apportato delle rettifiche alle loro politiche di Risorse Umane, permettendo alle donne di estendere il loro congedo di maternità. Inoltre, secondo il Companies Act del 2013, le società quotate devono avere almeno una donna all’interno dei loro consigli di amministrazione. La nuova legge è stata promulgata proprio per incoraggiare la diversità di genere nelle assemblee. Tuttavia, a maggio scorso, oltre un migliaio di società quotate è stato multato per non aver nominato donne all’interno del proprio consiglio di amministrazione. Difatti, molte aziende ancora non si sono adeguate alla nuova legge.

Nella fattispecie, quando il governo apporta modifiche normative, le imprese prendono decisioni precipitose e assumono personale semplicemente per soddisfare il requisito, piuttosto che compiendo un’analisi maggiormente dettagliata sul tipo di candidato che stanno per assumere e per verificare se le sue competenze siano adeguate al tipo di mansione. Quando il Companies Act è stato promulgato, le aziende si sono affrettate a nominare donne all’interno del consiglio facendo ricorso a scorciatoie, incluso la promozione di membri della famiglia, con lo scopo di rispettare le scadenze. Le società, idealmente, dovrebbero ricercare al di fuori della loro cerchia ristretta in modo da reperire personale qualificato e con nuove prospettive per soddisfare i requisiti.

 

I motivi del ritardo

Secondo la National Association of Software and Services Companies (NASSCOM), le donne rappresentano circa il 51 per cento dei livelli base di assunzione e hanno la possibilità di ricevere offerte da IT-BPM. Tuttavia, in India la maggior parte di esse è impiegata nei settori agricoli e rurali, dove attualmente i salari sono più favorevoli per gli uomini. Gli studi in merito evidenziano che se l’India accrescesse la partecipazione delle donne alla forza lavoro del 10 per cento (68 milioni di donne in più) entro il 2025, il suo PIL potrebbe aumentare fino al 16 per cento. Si stima che manchino ancora 217 milioni di donne alla forza lavoro.

Questo dato va confrontato anche con il vicino Bangladesh, dove l’industria tessile rappresenta più del 75 per cento dei proventi nazionali da esportazioni e circa l’80 per cento dei 4 milioni di lavoratori del settore sono donne. Osservando ciò, si può affermare che le donne abbiano rimandato il matrimonio e che i genitori abbiano destinato le proprie risorse economiche all’istruzione delle figlie. Tali cambiamenti hanno promosso una forte crescita all’interno del settore tessile.

Se da un lato i settori che tradizionalmente hanno incluso il maggior numero di lavoratrici donne, quali i servizi finanziari e l’aviazione, hanno tracciato la via per le assunzioni femminili, dall’altro l’India ha bisogno di implementare rapidamente delle politiche che promuovano la crescita negli altri settori. Recentemente, il ministero per il lavoro e l’occupazione ha proposto di modificare le leggi in modo da permettere alle donne di fare i turni di notte in fabbrica, anche se questo potrebbe non essere sufficiente. Gli analisti, difatti, sostengono che solo pochi settori abbiano bisogno di lavoratrici nei turni notturni e sono numerose le donne che, per motivi socio-culturali, preferiscono non lavorare nei turni di notte. In tal senso, i settori di successo, quali la finanza, purtroppo contano soltanto poche migliaia di lavoratrici su un totale di centinaia di milioni. Una opzione plausibile è rappresentata dall’utilizzo delle “quote rosa”: l’India ha infatti utilizzato con successo le quote rosa nelle elezioni locali. Alcuni studi mostrano che anche dopo la rimozione delle quote rosa, più donne si sono candidate e hanno vinto. Un altro settore in cui le quote rosa hanno funzionato è l’istruzione. Tuttavia, per far funzionare questi programmi, le quote rosa devono essere sostenute da efficaci programmi di formazione e di inserimento. Questo stimolerà gli enti e le aziende a cercare candidati sulla base delle loro competenze.

 

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Start-Up Women

In un recente studio della National Sample Survey Organization (NSSO) è emerso che non più del 14 per cento delle imprese sono gestite da imprenditrici. Su 58,5 milioni di aziende nel paese, solo 8,05 milioni sono gestite da donne e tali realtà danno lavoro a circa 13 milioni di persone. Le tipologie di business vanno da negozi a conduzione familiare fino a start-up finanziate da investitori. Inoltre, l’India si è posizionata 29esima su 31 paesi nel rapporto Global Women Entrepreneurs Leader del 2015 di ACG Inc. (Actuarial Consulting Group), collocandosi al di sopra solo del Pakistan e del Bangladesh e al di sotto di Nigeria, Uganda e Ghana. I risultati mostrano che in India, come in altri paesi con basso ranking, le disuguaglianze nei diritti successori per le donne e le restrizioni al lavoro limitano l’accesso ai finanziamenti per le start-up e alle garanzie. Nella fattispecie, la maggior parte delle aziende gestite da donne (circa il 79 per cento) fa ricorso all’autofinanziamento e soltanto il 4.4 per cento utilizza capitale di debito preso a prestito dalle istituzioni finanziarie oppure usufruisce di fondi forniti dal governo. I dati, inoltre, ci suggeriscono che sia più probabile trovare imprenditrici negli stati del sud rispetto a quelli del nord dell’India; circa il 13,5 per cento (1,08 milioni) delle imprese gestite dalle donne hanno sede nello stato del Tamil Nadu, seguito da Kerala e Andhra Pradesh.

Recentemente, il Primo Ministro Naredra Modi ha lanciato il piano Stand Up India, secondo il quale le banche potranno concedere prestiti fino a INR 1 crore alle caste, alle tribù registrate e alle imprenditrici. Verranno inoltre fornite loro carte di debito e altre tipologie di assistenza, come la formazione pre-finanziamento e pre-marketing.

 

Assumere e trattenere lavoratrici donne

Le imprese dovrebbero investire nella ricerca dei giusti candidati per ogni tipologia di lavoro. Se offrissero ruoli flessibili alle donne che ritornano al lavoro, questi dovrebbero essere progettati in maniera equa. Ci sono stati molti casi in cui le donne hanno accettato posizioni lavorative con salari ridotti ma con gli straordinari retribuiti.

Assistenza e sostegno – le imprese dovrebbero fornire alle lavoratrici un rappresentante, sia esso uomo o donna, che si interessi dei loro percorsi di carriera e che le promuova ai ruoli che meritano.

Networking – le imprese dovrebbero sostenere e sviluppare solidi network femminili. Gli studi suggeriscono come le donne amino condividere esperienze, risolvere problemi e ricercare dei modelli femminili di successo da cui poter apprendere.

People Process – Le imprese devono garantire l’equità dei loro processi di valutazione, di promozione e di inserimento delle persone. Le donne potrebbero non essere esplicite e aperte nel dichiarare il loro desiderio di ottenere una promozione, ma si aspettano invece che siano i loro manager ad agire per primi, se le ritengono idonee ad un ruolo potenzialmente più avanzato. L’approccio verso i sistemi di promozione all’interno di un’azienda dovrebbe permettere di identificare candidate competenti, ma non offrendo loro degli ingiusti vantaggi, quanto piuttosto garantendo che non saranno inavvertitamente trascurate.

 

Osservazioni: considerando che le norme sociali e culturali sono riconosciute come fattori che contribuiscono alla scarsa partecipazione femminile, assumere più donne all’interno della propria forza lavoro pare essere ancora molto complicato. Il governo ha apportato cambiamenti alla regolamentazione per quanto riguarda le donne e vuole incentivarne l’assunzione di un numero sempre maggiore, ma è necessario fare di più. Ad ogni modo, le imprese stesse possono abituarsi ad assumere più donne. I risultati di questo tipo di azioni hanno mostrato ampie percentuali di successo, che si sono poi tradotte in fatturati più elevati per le aziende che hanno attuato un miglior equilibrio di genere. Inoltre, mentre da un lato le imprese hanno mostrato segni incoraggianti nell’assumere donne in posizioni lavorative di base (nei settori IT e ITeS), dall’altro devono impegnarsi di più nell’assunzione e nella formazione di donne anche in ruoli di leadership.

 


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